Tutti dobbiamo morire, ma…

di Laura Bumbalova

La morte. Che cos’è la morte? Perché viviamo e poi all’improvviso moriamo?

Sono sempre state delle domande che si inseguivano nella mia mente sin da ragazzina. Pensieri che mi mettevano paura, che mi creavano dubbi e un forte senso di incertezza.

La morte l’ho vista con gli occhi in più momenti e tutte le volte che mi è passata vicino, ha sempre lasciato una scia gelida, un indescrivibile senso di impotenza.

Ricordo ancora come se fosse oggi lo sconosciuto, morto, che si era buttato dalla finestra davanti alla mia scuola. Non so quale fosse il motivo di questo suo gesto, ma il suo corpo contorto pieno di sangue era steso lì per terra in quel viotto buio da dove solitamente passavamo per entrare. Era ricreazione e tutti incuriositi andammo alla finestra, era caduto qualcosa di pesante e quel qualcosa era una persona!

A pensarci bene io stessa sono nata dopo una morte, quella di mio fratello. Quel bambino che oggi sarebbe stato un uomo, lo conosco solo dai racconti di mia nonna, i miei genitori non mi hanno mai voluto parlare di lui forse per paura, paura di quella morte che avrebbe potuto prendere anche me.

La morte si è presentata irruentemente alla mia porta una sera di fine estate. Ero tornata nella casa dei miei genitori perché mio padre non stava bene e la sera, lei, proprio lei, se l’è portato via. Di quella sera ricordo il mio pianto, che più che pianto era un vortice senza fondo, incominciato con un nodo alla gola e un inconsolabile senso di vuoto.

Questo inverno ho avuto il tempo di riflettere su molte cose, di leggere molti libri.  Ero a casa di mio nonno, che non c’è più da alcuni anni, tutta la mia famiglia era uscita ed ero rimasta sola. Devo ammettere che mi aveva assalito un senso di solitudine. Sentivo la mancanza delle persone che non c’erano più e guidata dalla curiosità che caratterizza i miei occhi, ho deciso di distrarmi guardando i libri dell’enorme biblioteca del nonno. E proprio li, ho trovato il libro di Elisabeth Kübler Ross, La Morte e la Vita dopo la Morte. La nascita ad una nuova vita.

0862_ 003

Bertel Thorvaldsen, Cupido rianima Psiche, Copenhagen, Thorvaldsens Museum

La Kübler Ross è stata una psichiatra che ha lavorato con i malati terminali e li ha seguiti fino alla loro morte, dalle sue ricerche è arrivata a conclusione che quella che tanti considerano la fine di tutto non è che il passaggio a una “casa più bella”, altro non è che la “liberazione della farfalla dal bozzolo”. E ha anche notato che al momento della morte vi sono degli stadi attraverso i quali passa la persona.

Il bozzolo, che puo’ essere paragonato al corpo umano, non è il nostro vero io, è solo una dimora in cui vivere per un po’ di tempo, il quale non appena è in condizioni disperate, a causa di un suicidio, di un assassinio, di un attacco cardiaco, oppure di una malattia cronica, non importa qual è la sua causa lascia libero la farfalla, l’anima, per così dire.

E in seguito,dopo che la farfalla simbolica lascia il suo corpo materiale, si sperimentano cose importanti che si dovrebbero conoscere per non aver più paura della morte. Lei dice “tutti dobbiamo sapere, quando ci accostiamo al letto di nostro padre o di nostra madre già in coma profondo, che quest’uomo o questa donna possono udire tutto quello che diciamo. In questi momenti non è troppo tardi per dire “perdono” o “ti voglio bene”. Secondo lei quando si lascia il corpo fisico ci si trova in un’esperienza senza tempo. Manca anche lo spazio e quindi la distanza. E in questo stadio ci si rende conto che non soltanto nessuno muore, ma che il morto può far visita a chiunque voglia e che ad aspettarlo vi sono persone che sono morte prima di lui e che lo amavano, quelli che lei chiama spiriti guida o compagni di gioco.

Il  libro di Kübler Ross è un libro che fa riflettere, un libro che toglie ogni dubbio sulla morte e nello stesso tempo insegna a vivere- “C’è una cosa che tutti devono imparare prima di ritornare da dove si è venuti, e questa è l’amore incondizionato”.

Precedente Una perla nascosta tra le calli di Venezia Successivo La prostituzione a Venezia ai tempi della Serenissima